La vita

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

Salvatore Quasimodo

martedì 14 febbraio 2012

ICARO - Eccolo di nuovo..........



Non è mia intenzione tediarvi di nuovo con ICARO, che avete già letto su Soffio, ma è soltanto per "uso archivio" - e qui confesso prende il sopravvento il mio passato da impiegata ordinata trascorso dietro ad una scrivania -

“Sensazioni ed Emozioni”
Ovvero
Volando, come novello Icaro, sul volo AP2981 da
Lamezia T. - Bologna

Sabato 18 del mese di …. Ore 12,45. Fatto il controllo, o chek in, come si dice adesso, consegnate le valige, passata sotto la gogna elettronica che ti legge e svela i più reconditi segreti custoditi nel bagaglio a mano, mi sistemo con il giornale che faccio finta di leggere, in una poltrona della sala d’attesa davanti all’uscita…..l’unica che c’è essendo Lamezia un piccolo aeroporto, cerco di darmi un contegno di viaggiatrice vissuta, consapevole che ormai giunta lì non posso più tornare indietro, il tasso di adrenalina  ha cominciato a salire lento e  inesorabile. Attendo paziente, il giornale davanti a me,pensando alla nuova avventura che mi aspetta, una voce, quella di mio marito che mi consiglia di girare il giornale, l’avevo a rovescio!
Una nuova avventura dunque di circa un’ora e mezza su di un “aeromobile” come  vengono chiamati adesso gli aeroplani di vecchia conoscenza, o meglio “in zema ad un aeroplan” come avrebbe detto mia nonna Sofia, che degli aerei aveva solo nefasti ricordi bellici.
Sistemato dunque il quotidiano per il suo giusto verso,  sfoglio lentamente le pagine, i soliti articoli  politica,  tempo,  economia…  che noia, ancora avanti, ed io curiosa  delle notizie  citate nei trafiletti, ne scorro alcune, “Cane che azzanna il padrone” “Rapina all’ufficio postale di Roccacannuccia” “Cento paia di scarpe sequestrate” e  quella notizia che mai avrei voluto leggere.”Aereo di linea precipita in Campania con 80 passeggeri a  bordo, tutti salvi”….  Meno male che qualche volta c’è anche il lieto fine.   Si apre il cancello d’imbarco e una hostess sorridente  ci invita a salire sull’aereomobile appena  arrivato da Bologna, sarà lo stesso che ripartirà fra un’ora circa, confido allora nei tecnici che facciano seri controlli, nei benzinai che facciano il pieno (lassù non esistono distributori di benzina), nel comandante che sia ben sveglio.
Mi sistemo, mi allaccio la cintura e aspetto paziente, in sottofondo il rumore dei motori già accesi, ben sistemata nel mio piccolo sedile, cerco di darmi l’input per una meditazione, schiena ben appoggiata, gambe senza tensioni, “si pregano i signori passeggeri….”le mani aperte ben appoggiate sulle coscie, il mento indietro, la nuca ben stirata,  un tonfo mi fa capire che è stato chiuso il portellone,  il respiro lento deve scorrere nel canale principale dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto, sento però che trova  degli ostacoli,  insisto eccolo entra dal naso ed esce dalla bocca. “I signori passeggeri sono pregati di spegnere i cellulari” e chi pensa a telefonare in questo momento? 
Attraverso gli occhi socchiusi scruto una hostess fare la dimostrazione delle misure di sicurezza da adottare in caso di emergenza,  ma chi riesce a memorizzare? 
Riprendo il mio respiro, l’aereo rulla in fondo alla pista,  dall’oblò vedo scorrere l’asfalto grigio su cui sono dipinti strani segni colorati, ecco il momento è arrivato, i motori sono al massimo, nella mia testa rimbomba un rumore assordante che annulla qualsiasi capacità di pensiero,  mi ci trovo immersa, il cuore batte un po’ più forte, ecco che l’aereo  con un balzo repentino spicca il volo e la terra sotto di noi diventa piccola piccola, il grande bestione alato si libra nell’aria, su su, sempre più in alto.
L’atmosfera soporifera che si respira mi tiene in un sonno benefico e consolatorio, è inutile che continui a meditare sul senso della vita, mi abbandono e dormo cullata dal rumore dei motori che a fatica vengono sovrastati da suoni gracchianti che ora provengono dall’altoparlante, “signore e signori è il comandante che vi parla” TUFF (il mio cuore si fa sentire) “per darvi il benvenuto a bordo” Ah meno male! “vi informiamo che  stiamo volando a  novemila metri di quota” TUFF….TUFF… “a una velocità di crociera di novecento chilometri orari” tuff. tuff… tuff… “l’atterraggio è previsto a Bologna  alle ore quindici”
Mi riprende una grande voglia di dormire, ma  dopo poco “stiamo cominciando la discesa” dico a mio marito, che incredulo ribatte “già che lo sai, potresti chiedere di fare da secondo pilota”
In quel momento la solita voce gracchiante, questa volta dell’hostess che prega i signori passeggeri di “allacciare le cinture è iniziata la discesa”! La mia adrenalina un po’ assopita durante il volo ha avuto una nuova impennata così come il mio spirito. “il comandante prevede l’arrivo all’aereoporto Marconi fra circa dieci minuti”. Ecco ci siamo mi sistemo nuovamente sul sedile “seduta bene” come dice la mia insegnante di yoga, schiena ben appoggiata allo schienale, cervicali ben distese, respiro profondo, mani rilassate,  possibilmente non contratte a stringere un rosario. Socchiudo l’occhio sinistro che è dalla parte dell’oblò e  toh! chi vedo, un angelo seduto su di una spumeggiante nuvoletta a forma di cigno che mi osserva e mi sorride, faccio uno scatto in avanti  spalancando anche l’altro occhio, due vedono meglio di uno, ma loro sono già scomparsi e un forte attacco di nausea mi fa ritornare nella posizione yoga, cinture allacciate e lascio il mio destino nelle mani  del comandante.
Il rombo dei motori è sempre più assordante, mi sento schiacciata contro il seggiolino come se fossi una sogliola (la prima volta, nella mia vita, così magra) o meglio come una soppressata ferrarese. Sbircio, con gli occhi a fessura, fuori dall’oblò e chi si vede? Un contadino sul suo trattore che sta lavorando nei campi, ma non capisco bene: come mai i campi sono obliqui sopra la mia testa e non piani come tutta la campagna normale? Ah è vero sono su di un aeromobile e forse da queste macchine infernali il mondo si vede  obliquo. Vorrei chiedere a mio marito se anche lui vede come vedo io, ma ecco la casa del contadino, la moglie  sulla soglia che fa cenni di saluto verso il cielo saluta me o scaccia le mosche? Mah  non lo saprò mai, improvvisamente il panorama  ridiventa orizzontale compare  un nastro di asfalto… oddio, siamo entrati in autostrada? Un forte sobbalzo mi fa perdere la concentrazione yoga,  colpa delle ruote che hanno toccato la pista non l’autostrada, siamo atterrati, una grossa frenata e l’aereomobile  si  ferma seguito da  un forte  applauso liberatorio dei passeggeri, a dimostrazione che non sono la sola ad avere paura. Respiro profondamente, decontraggo le mani dai braccioli e mi preparo a scendere. Raggiunta la scaletta rivolgo un caloroso saluto al comandante, impeccabile nella sua divisa, e potrei quasi saltargli al collo per baciarlo, ma non vorrei essere fraintesa, forse non mi crederebbe  se gli dicessi che non è un’avance ma solo un ringraziamento per lo scampato pericolo.
Ritrovo l’uso delle gambe e scendo la scaletta, arrivata all’ultimo gradino, lascio cadere il mio bagaglio a mano rischiando l’incolumità delle ceramiche  in esso contenute e mi inginocchio a terra baciando quell’asfalto che di terra ha ben poco, ma è il gesto che conta e mentre fra me e me rispolvero una vecchia preghiera di ringraziamento mi giunge una voce da dietro: “sorbole ma chi la crad d’eser, al Pepa?” Ecco a chi ho rubato il gesto, al Papa anche se lui la terra la baciava con intenzioni di fratellanza e amicizia con i popoli, io l’ho baciata perché paura fa 90!
Salita sul bus, non capisco perché mio marito si sia allontanato da me, forse si vergogna di avere una moglie  che imita il Papa? E  come mai, mi domando,  tutti  mi guardano di sottecchi? Perché è così ridicolo che  una persona baci la terra dopo un volo in aereo? Finchè una signora più gentile delle altre mi offre uno specchietto e un fazzoletto affinché mi pulisca il viso da quei baffetti neri che l’asfalto  mi aveva lasciato sul viso!!!!....
Attraverso i finestrini del bus vedo il mondo circostante di nuovo nella sua rassicurante e tradizionale posizione   e in fondo alla pista l’aereomobile  (o “aeroplan” come diceva mia nonna)  che ammicca come per invitarmi, Novello Icaro, ad un nuovo viaggio.




8 commenti:

alessandra ha detto...

A me piace volare, alzarmi da terra, trovarmi sopra la nuvole,quindi conosco poco queste sensazioni che ho visto attraversare nel volto di tante persone, ho visto anche chi baciava le terra. Io generamente prendo un mp3 e ascolto Ennio Morricone da lassù. Mia figlia in occasione di un temporale che faceva tremare tutto il velivolo ( non oso pensare a quanti angeli avresti visto tu) I Cherubibini e via dicendo, mi disse: e se cadiamo?
Gli ho risposto: se ci pensiamo non cambia nulla, va giù lo stesso. Mi rinfaccia questa risposta ogni volta che saliamo in aereo.
Complimenti, mi sono gustata ogni riga del tuo racconto.

Mary ha detto...

Carissima... bel racconto, vibrante d'emozioni e spiritoso.
Complimenti... "novella" narratrice!
Mary

Giancarlo ha detto...

buona serata

Anna-Marina ha detto...

L'avevo letto e commentato con piacere, ma mi continua a far sorridere l'idea che tu abbia baciato il suolo.

Melinda ha detto...

Letto già da Soffio e già apprezzato! E da lì speravo tanto che aprissi un blog anche tu, e così fu! :)

Adriano Maini ha detto...

C'é proprio da crederti circa le ... emozioni di un volo! Ma le descrivi così bene che ... sembra fantasia! :))

Ambra ha detto...

Commentato da Soffio, ma riletto. Sono certa che la prossima volta che salirò su un aereo, mi verrai in mente tu ...

chicchina ha detto...

Si rilegge sempre volentieri,c'è una carica di simpatia che coinvolge.
Mi piace volare e anche se qualche volta un po di strizza capita,faccio finta di essere moooolto esperta di volo,ma credo in quei casi mi si legga in viso,quel che tendo a nascondere.
Ciao.